ELOGIO DEI TORMENTONI DI 40 ANNI FA’…

I Tormentoni estivi. Tanto vituperati come musica bollata con quell’ aggettivo oggi orribile. L’ aggettivo commerciale.

Eppure il concetto di “tormentone” esiste in qualche modo da sempre e è legato per certi versi alla nobile arte della tradizione orale con cui i nostri avi, quasi sempre analfabeti, si tramandavano storie e fiabe ricchi di elementi ripetitivi e di rime o strofe facili e riconoscibili, fatte apposta per poter essere agevolmente tramandate.

Oggi il tormentone ha raggiunto un livello di piattezza a mio personale parere indecente che nulla sembra avere a che spartire con molti tormentoni del passato che erano certamente facili, studiati per la classifica e quindi commerciali. Ma l’ aggettivo in questione prendeva il nobile significato di fruibile, significato se mi permettete ben diverso da quello di un oggetto musicale di consumo da masticare e subito sputare come un chewingum senza piu’ sapore in bocca.

I tormentoni del 1983

I due esempi che vado a prendere sono due tormentoni che risalgono esattamente a quarant’anni fa, cioè all’ estate del 1983: “Vamos a la playa” dei Righeira e “Tropocana” del Gruppo Italiano.

Ricordo benissimo che l’estate 83 ebbe un Luglio assolutamente africano, con temperture record tuttora insuperate in certe località. Un’ estate che anticipava molto le fiammate africane quotidiane di quelle odierne. Un’ estate infernale anche a livello di cronaca nera, con l’arresto di Enzo Tortora e la recente sparizione di Emanuela Orlandi a fare da inquietante cornice. Ma ricordo anche benissimo il “termometro” del terrore nucleare che era molto altro e l’ uscita del kolossal ( mediocre a vederlo oggi) “The day after” che rappresentava questa possibile apocalisse. Un film che mi suggestionò molto dal trailer ma che i miei genitori, giustamente, non mi portarono a vedere ritenendolo indatatto alla mia pur veneranda età di 7 anni e mezzo.

E nei due tormentoni che ribollivano nei JUke Box di tutta la penisola, il nucleare nei testi era presente a testimoniare, come prima cosa, l’assoluta mancanza di banalità e di disimpegno che molti presunti intellettuali rinfacciavano a qualsiasi pezzo varcasse le prime posizioni dell’ hit parade.

Vamos a la playa- Righeira

“Vamos a la Playa” esce nel Maggio del 1983 e bisogna subito dire che vanta una versione new wave assolutamnte dissonante ( che posto qui sotto), degna della lucida follia elettronica stile Bauhaus. Il pezzo, anche nella versione da classifica, ha degli ottimi musicisti che lo trainano, tutti tedeschi e tutti figli o nipoti della musica elettronica dei “corrieri cosmici” che aveva lanciato nelle charts mondiali gruppi come gli Ash Ra Temple ed i Tangerine Dream. In particolar modo quel Curt Cless che è stato un batterista di punta del prog teutonico. E naturalmente la produzione dei fratelli La Bionda ,pietre miliari della DIsco music mondiale. Quella vera, quella prima suonata e poi mixata

Il testo è una folle giornata al mare in un giorno post apocalisse, con le radiazioni che abbronzano di azzurro e un mare che in fin dei conti appare più pulito e “fluorescente” del nostro.

Vamos a la playa
Al fin el mar es limpio
No mas peces hediondos

Sino agua fluorescente

Tropicana- Gruppo Italiano

Sempre nel 1983, vede la luce e riempie di allegria le classifiche un brano ritmato, figlio di un gruppo, il Gruppo Italiano, nato pochi anni prima a Milano. L ‘ensamble fa una bella scommessa: unire una musica ballabile con testi ed argomenti non banali e nemmeno troppo “italiani” ( se pensiamo che la bravissima Patrizia Di Malta, vocalist del gruppo, è italo brasiliana e la sua cultura carioca traspare nelle molte esperienze musicali e letterarie della sua carriera solista).

Sia Renzo Arbore che Alfredo Cerruti ( non proprio due di passaggio…) si accorgono che il gruppo funziona e che va molto oltre il “commerciale” per ballare. Così nasce “Maccherock” primo disco del 1982 con bellissima sfumature funky rock con basso e batteria in grande evidenza e molto godibile nei testi. E così nascerà anche ( siamo già nel 1984) la bellissima “Anni ruggenti” portata al Festival di Sanremo, un pezzo con atmosfere anni 40 e con un testo articolato in stile Sergio Caputo ( non so cosa ne pensano gli autori ma per chi scrive è assolutamente un complimento!)

Tornando a “Tropicana” ,la canzone ha un andamento che entra subito in testa e l’ambientazione e’ quella tipica dei villaggi turistici anni 80, tutti bungalows e creme abbbronzanti con balli di gruppo. Ma il testo non è rasserenante anzi. Anche qui c’è un vulcano che erutta, un’ esplosione “dolce” che regala un’ abbronzatura atomica, fiumi di lava che bruciano gli hula hop.

E in tutto ciò la TV commerciale, che all’ epoca era in piena esposione, non si ferma. Ma continuia imperterrita la sua “mission” anziendale ossia la pubblicità! E questa bibita immaginaria, la Tropicana, entra nelle case di tutti, ironizzando sul marketing anni 80 che è più forte anche di un Armageddon!

Il pezzo è stato scritto da Gigi Folino e Chicco Santulli, bassista e chitarrista del gruppo, insieme a Raffaella Riva, apprezzata autrice che ha scritto, tra le altre cose, “Fotoromanza”, grande successo di Gianna Nannini.

Tormentoni si o no?

Insomma, i tormentoni sono un male? Non necessariamente. Perchè non c’è nulla di male nell’entrare piacevolmente nella testa delle persone. E soprattutto un prodotto commerciale, se scritto con onestà intellettuale ed artistica, non è un prodotto minore.

La cose importante è che non sia musica usa e getta anche perchè la canzone è un veicolo immediato di emozioni. E se le emozioni diventano prodotti da usare e gettare allora non sono più emozioni. Ed ecco che un tormentone fatto male può dare il tormento!

Marco Giannini